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Prendete qualcuno che in bicicletta va veloce, molto veloce. Toglietegli il numero dalla schiena e le classifiche UCI e mettetegli delle borse straripanti sulla bicicletta e sul manubrio, e dategli 1000 chilometri da percorrere tutti d’un fiato. Ecco avete il riassunto di Mattia De Marchi. Velocità e resistenza, agonismo e spensieratezza, divertimento e professionismo. Un’ambivalenza costante.

Mattia è il ragazzo che in una stagione percorre 40.000 km e 450.000 m D+, 1300 ore in sella e una lago di sudore lasciato per strada. Mattia ha il ciclismo nel sangue e sa trasmettere la sua passione a tutti quelli che lo incrociano e hanno la fortuna – o le gambe – di pedalare qualche chilometro al suo fianco. Uomo dallo sguardo visionario e dalla testa concreta, sa portare avanti i suoi ambiziosi progetti facendosi ben volere da tutti e dimostrando giorno dopo giorno che non c’è niente di più appagante di vivere all’insegna delle proprie passioni.

Dopo un esordio nel calcio, come la gran parte dei ragazzini italiani, all’età di 9 anni Mattia ha scoperto il ciclismo e da quel giorno non ha mai smesso di pedalare.
“Ciò che mi ha spinto ad andare in bici è stata l’immagine fantastica che i miei cugini più grandi, che in occasione del pranzo natalizio del 1999 sfrecciavano sulle loro biciclettine con caschetti e tutine dei colori più sgargianti, stile power rangers. Ho capito subito che quella era la strada che avrei dovuto intraprendere anch’io”. No, non quella del Power Ranger, quella del ciclista.

Mattia De Marchi ha provato a fare il ciclista per davvero, il Professionista. Con tanto di vittoria di Tappa Al Tour of China con la divisa della Androni giocattoli nel 2016.

«Sono stati due anni ricchi di soddisfazioni e di delusioni, con all’attivo anche una clavicola spezzata 30 giorni dopo la mia prima vittoria in una competizione internazionale, e la chiamata inaspettata da parte dell’Androni per uno stage, il successo da stagista, la telefonata per un contratto mai arrivata, il pensiero di mollare tutto, una nuova avventura in una squadra continental in Austria, un 2017 passato tra aerei e treni notturni per poter andare alle gare. Un mix di emozioni, gioie e momenti di sconforto, un sogno che non si è realizzato, ma che mi ha dato modo di pianificarne un altro».

Il sogno di Mattia di fare del ciclismo il suo lavoro non si realizza. Momenti bui in cui la bici diventa quasi più una nemica che una compagna. Poi, in lontananza, una luce. L’invito a una gara di endurance, la Ultracycling Dolomitica (675 km, 16000 metri di dislivello, 16 passi dolomitici). E Mattia si rimette in sella per provare questa nuova esperienza sulle lunghe distanze.

“Ho iniziato a uscire a qualsiasi ora del giorno, scoprendo il fascino di pedalare di notte, a fare strade sempre diverse e lì ho capito veramente quanto può essere emozionante andare in bici”.

Un chilometro tira l’altro e Mattia si trova subito a suo agio sulle lunghissime distanze, vince quella famosa dolomitica e poi inizia a prenderci gusto. Passa allo sterrato e al Gravel.
Inizia a partecipare a eventi come l’Atlas Mountain Race in Marocco: una gara in autosufficienza attraverso la catena dell’Atlante, con un tracciato di oltre 1200 chilometri. Autosufficienza significa che bisogna portarsi dietro ogni cosa necessaria. E dove, se non in borse da bikepacking che permettono di avere con sé tutto quelle che serve, organizzato in modo funzionale, asciutto, e – perchè no? – anche esteticamente figo. Perchè per Mattia il ciclismo è anche estetica.

Anche. Così come è anche ignorante, anche estremo, e anche rilassante. Come alla Jeroboam 2021, dove invece che gareggiare ha caricato la sua bici di leccornie e di una griglia per andare a creare un ristoro-party lungo il percorso, per far festa con i suoi amici del collettivo Enough che erano impegnati a pedalare i 300 km del tracciato bresciano.

Per Mattia ci sono poche cose davvero importanti: gli amici, la bici, un bivacco dove bere vin brulè dopo parecchi chilometri in sella e… il SuperAttack.

“Non potrei fare a meno dell’Attack. Si riparano copertoni, si attaccano cose e cicatrizza pure le ferite”.

Mattia De Marchi è un amico di Miss Grape proprio per questo, perchè per lui non esiste un motivo per NON andare in bicicletta. Ogni occasione, ogni stato d’animo sono una scusa giusta o una motivazione per inforcare la bicicletta e farsi qualche chilometro, che nel suo caso possono essere un bel po’ più di “qualche”. Per questo la sua 3T Exploro è sempre montata con borse Miss Grape cariche. Magari esci per una sgambata partendo da e ti ritrovi a berti una pivo.

“Il mio futuro lo vedo con la mia bici piena di borse da bikepacking, come se fosse un camper per girare il mondo. Il mio principale obiettivo è quello di ispirare sempre più persone a usare la bici, sempre. Che sia per andare in viaggio, per andare al lavoro o per una semplice scampagnata al parco. In Italia, purtroppo, sta diventando sempre più difficile e pericoloso pedalare su strada. Spero vivamente che questa situazione migliori e si cominci a prendere spunto da alcuni paesi non troppo distanti da noi che incentivano tantissimo l’uso della bicicletta”.

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Miss Grape | Bikepacking Bags

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